SERVIZI
Lo scopo dell’Associazione Ecopoiesis è lo sviluppo della psicologia, la prevenzione del disagio e la promozione della salute mentale.
Lo studio, la formazione, il dibattito, le iniziative editoriali e l’organizzazione di eventi socio-culturali sono alcuni degli strumenti che vendono utilizzati per sensibilizzare e promuovere una cultura del benessere a livello individuale, familiare e sociale.
Per tale motivo l’Associazione investe buona parte delle proprie risorse per creare sinergie con Enti pubblici e privati, locali e non, attraverso lo scambio, la condivisione e la collaborazione, in attività di ricerca, di studio e di progettazione.
Le attività di Ecopoiesis possono essere raggruppate in diversi aree all’interno delle quali si articolano i diversi servizi erogati.
VALUTAZIONE PSICHIATRICA E NEUROPSICHIATRICA INFANTILE
Nella consapevolezza dell’importanza di un approccio bio-psico-sociale, nel nostro centro clinico l’assessment e l’inquadramento diagnostico prevedono anche una valutazione psichiatrica e neuropsichiatrica, sia per l’età adulta che per quella evolutiva.
Le visite specialistiche in tal senso, oltre al colloquio anamnestico e all’utilizzo di batterie e strumenti psicodiagnostici in sinergia con l’assessment psicologico (test, questionari, interviste, colloqui e osservazioni cliniche, valutazioni sullo sviluppo psicomotorio), hanno un focus mirato sull’eziopatogenesi e sulla nosologia del disturbo guidando il paziente agli eventuali approfondimenti di tipo medico (RMN, EEG, esami genetici, ecc).
Le valutazioni psichiatriche e neuropsichiatriche permettono di ponderare i reali costi e i benefici di terapie farmacologiche, eventualmente associate alla Psicoterapia.
La presa in carico del paziente e il trattamento, che nel nostro centro è svolto sempre in un approccio multimodale, prevedono monitoraggi, controlli regolari e spesso, soprattutto in età evolutiva, modalità multisetting in cui le varie figure professionali interessate sono coordinate dallo Psichiatra e Neuropsichiatra Infantile.
La valutazione psichiatrica e neuropsichiatrica giunge alla diagnosi secondo i criteri nosografici delle classificazioni internazionali DSM-5 e ICD-10.
L’assetto psicodiagnostico psichiatrico, così come quello psicologico, avviene non solo attraverso competenze tecniche e cliniche ma anche relazionali al fine di favorire una funzionale alleanza terapeutica con il paziente.
PSICOTERAPIA INDIVIDUALE
La psicoterapia, la cui etimologia significa “cura dell’anima”, ha lo scopo di curare disturbi psicopatologici di diversa gravità, che possono andare dal modesto disadattamento o disagio personale fino ad una sintomatologia ben più grave. Tali disturbi possono manifestarsi con “semplici” sintomi nevrotici o con sintomi psicotici in grado di nuocere al benessere di un individuo e delle persone che gli vivono intorno. Nei casi più gravi, questi sintomi possono arrivare persino ad ostacolare lo sviluppo del soggetto in questione e a causarne una fattiva disabilità.
Possono essere trattati sintomi quali la depressione, le fobie, l’ansia, le ossessioni, disturbi di personalità, difficoltà relazionali, comportamento ossessivo-compulsivo, disordini dell’alimentazione (anoressia, bulimia, binge-eating), abuso di sostanze, ecc.
Lo psicoterapeuta offre dunque al proprio paziente un percorso utile ad affrontare differenti forme di sofferenza psicologica, da quelle di grado più lieve a quelle più gravi. La psicoterapia si avvale di tecniche applicative della psicologia e si articola in differenti indirizzi teorici: psicoterapia psicoanalitica, psicoterapia sistemica, psicoterapia cognitivo-comportamentale, psicoterapia umanistica, psicoterapia integrativa e psicoterapia psicocorporea; ciascuno di questi orientamenti, dal comune fondamento epistemologico, si è differenziato in scuole e metodologie diverse.
TRATTAMENTO EMDR
L’Eye Movement Desensitization and Reprocessing (EMDR) è stato introdotto come metodo terapeutico nel 1989 dalla psicologa americana Francine Shapiro. L’EMDR è un approccio terapeutico strutturato finalizzato alla riduzione sia dei sintomi trauma-correlati che delle condizioni di disagio psicopatologico legate a eventi più usuali ma emotivamente stressanti. L’American Psychiatric Association (2004) ha attribuito all’EMDR il più alto livello di raccomandazione (assegnando la massima categoria Evidence Based) nel trattamento del trauma.
Il metodo si basa sulla ricostruzione, il ricordo e il trattamento delle esperienze traumatiche che hanno contribuito a generare e mantenere il disagio del paziente. Lo scopo è di integrare le diverse componenti emotive, cognitive e sensoriali disfunzionali del ricordo promuovendone l’elaborazione e attraverso questo giungere una visione più adattiva e costruttiva delle esperienze dolorose del paziente.
Il protocollo prevede un intervento in otto fasi che utilizza, tra l’altro, i movimenti oculari e prevede un’elaborazione accelerata del materiale disturbante. La rielaborazione del ricordo avviene in condizioni di sicurezza e solo dopo che il paziente si sentirà pronto a effettuarla. In seguito al trattamento i ricordi traumatici perdono di vividezza e diventano più distanti permettendo al paziente di osservarli in modo più distaccato e con minore risonanza emotiva. Le cognizioni negative su di sé si modificano così come eventuali disturbi somatici legati all’esperienza dolorosa. Durante la terapia il paziente e il terapeuta analizzano insieme i problemi attuali che originano dalle esperienze passate. Modificando i ricordi che hanno condizionato il modo di vedere se stesso e gli altri, il paziente perverrà a una visione più funzionale di sé, degli altri e del modo di vivere le esperienze attuali e future.
Una parte del trattamento sarà anche dedicata alla pianificazione di azioni future che il paziente desidera intraprendere.
Oltre al Disturbo Post Traumatico da Stress, l’EMDR è utilizzato per trattare una serie di disturbi come ansia e attacchi di panico, depressione, fobie, lutto complicato, sindromi dolorose, ansia da prestazione.
TRATTAMENTO DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE
MEDIAZIONE FAMILIARE
La mediazione familiare è un intervento professionale rivolto alle coppie e finalizzato a riorganizzare le relazioni familiari in presenza di una volontà di separazione e/o di divorzio. L’esperto aiuta i coniugi che si separano a gestire la conflittualità, superare difficoltà e tensioni, ricercare insieme soluzioni adeguate ai problemi concreti che si vengono a determinare con la separazione.
La finalità principale dell’intervento di mediazione è il raggiungimento della cogenitorialità, ovvero la restituzione ai genitori del loro ruolo, che non si esaurisce con la separazione coniugale, aiutandoli a prendere coscienza di ciò che ancora li unisce, piuttosto che accentuare ciò che li divide, e ad operare insieme per far sì che ai figli venga assicurata la possibilità di usufruire di ciò che ciascuno può dare loro.
Si è molto discusso in passato delle conseguenze negative della separazione dei coniugi sui figli. Certamente la separazione della coppia provoca un cambiamento spesso repentino dei punti di riferimento dei figli alimentando in loro insicurezze.
È comunque dimostrato che il disagio che i figli possono manifestare in questo frangente, attraverso ad esempio timori di perdita, paure focalizzate, chiusura in se stessi, diventa solo una fase di passaggio, un momento transitorio, se i genitori riescono a superare le conflittualità caratteristiche del momento della separazione e ad accettare il persistere della genitorialità di entrambi anche dopo la fine del legame di coppia.
Quando il conflitto diventa l’unica forma di comunicazione fra i genitori e questi tendono a coinvolgere i figli nelle loro rivendicazioni le conseguenze sono invece una radicalizzazione delle tensioni e l’emergere di comportamenti sintomatici nel contesto, che assume così carattere di abnormità.
Il superamento del conflitto, peraltro, non è facile, o lo è in grado diverso per l’uno o l’altro coniuge: l’accettazione non solo formale di una situazione di separazione in cui si continua a rimanere genitori comporta un modo nuovo e radicalmente diverso di leggere la situazione che implica la messa in discussione di punti di riferimento, atteggiamenti, scelte e meccanismi di adattamento che si ritengono ormai consolidati, ma che allo stato attuale possono rivelarsi inutili, cioè non funzionali.
Solitamente questo processo comporta un lavoro mentale non indifferente e può far emergere ansie e paure sul proprio potere come genitore o il proprio valore come persona, che tendono ad incrementare processi difensivi consolidati in passato ma non più utili nel presente, accentuando processi di attribuzione di colpa e fallimento reciproci.
In questa fase l’aiuto che la mediazione può fornire è quello di accompagnare e sostenere ciascun genitore nella ridefinizione della propria identità personale e nella negoziazione delle questioni relative alla separazione, affinché essa avvenga nel modo più sereno possibile.
Spesso la mediazione familiare viene confusa con la terapia di coppia o con la terapia familiare, in realtà ha un obiettivo opposto a quello della terapia ovvero quello di favorire la separazione consensuale della coppia stessa. Da un punto di vista procedurale la mediazione familiare non esplora aspetti del passato della coppia, ma solo quelli presenti e orientati al futuro e offre spazio alla contrattazione o all’elaborazione con l’obiettivo di creare un equilibrio fra aspetti pragmatici ed emotivo-relazionali nell’ambito del contesto di separazione.
La coppia, sostenuta dal mediatore che si costituisce come un terzo imparziale, indirizza le proprie risorse per trovare un dialogo il più possibile funzionale ai cambiamenti che si prospettano per tutta la famiglia. A questo scopo vengono affrontati sia gli aspetti emotivi (affidamento dei figli, continuità genitoriale, comunicazione della separazione al nucleo familiare, ecc.) che quelli più strettamente materiali (come la gestione della quotidianità, delle visite, le problematiche economiche, le relazioni fra i figli e i nuovi compagni dei genitori).
PERIZIE PSICOLOGICHE
SCHEMA THERAPY
Schema Therapy è uno sviluppo innovativo della psicoterapia cognitiva comportamentale altamente efficace nel trattamento dei disturbi di personalità e dei disturbi psicologici cronici o difficili da trattare. Un nuovo sistema di psicoterapia che integra, oltre la terapia cognitiva comportamentale, diversi approcci terapeutici quali la Gestalt, le scuole psicodinamiche, la teoria dell’attaccamento, la psicoterapia costruttivista, la psicoterapia focalizzata sulle emozioni, offrendo un modello esplicativo molto chiaro, e in sé consistente, formulato da Jeffrey Young.
La Schema Therapy è particolarmente utile nel trattamento di ansia e depressione cronica, disturbi dell’alimentazione, difficili problemi di coppia, difficoltà di lunga data nel mantenere relazioni sentimentali soddisfacenti e nell’aiutare a prevenire la ricaduta nel disturbo da uso di sostanze. E’ dimostrata, inoltre, la sua efficacia nel trattamento di pazienti con difficoltà complesse e di lungo termine come i Disturbi di Personalità.
Paragonata alla terapia cognitivo-comportamentale standard, la Schema Therapy attribuisce un maggior valore alle emozioni; enfatizza il rapporto terapeutico tra paziente e terapeuta come veicolo di cambiamento; assegna inoltre maggiore importanza all’analisi dei rapporti primari nell’infanzia come origine delle difficoltà attuali; aiuta a modificare i comportamenti ed il modo in cui le persone si relazionano con le figure significative e con i propri obiettivi di vita.
Il focus è il concetto di “schema maladattivo precoce”, ossia un tema costituito da ricordi, emozioni e sensazioni che viene elaborato lungo tutto l’arco della propria vita che genera dei comportamenti disfunzionali.
Come nasce lo schema maladattivo precoce? Young individua dei “bisogni universali” che ogni persona percepisce ma non sempre vede soddisfatti; la frustrazione di questi bisogni, soprattutto in giovane età, porta alla creazione dello schema maladattivo precoce.
A partire dagli schema maladattivi si sviluppano dei “mode”, ossia degli stati emotivi a cui si collegano degli aspetti cognitivi e comportamentali. Il paziente oscilla tra i diversi stati emotivi che sono stati raggruppati da Young in quattro categorie:
I Mode del Bambino: bambino vulnerabile, bambino arrabbiato, bambino impulsivo/indisciplinato, bambino felice;
I Mode di Coping Disfunzionale: resa, evitamento, ipercompensazione;
I mode dei Genitori Disfunzionali: genitore punitivo/critico, genitore abusante, genitore richiedente;
Il Mode dell’Adulto Sano: Adulto sano, che si occupa di proteggere e accudire il bambino vulnerabile, porre dei limiti al bambino arricciato e indisciplinato, in accordo con i principi della reciprocità e autodisciplina.
Obiettivo della Schema Therapy, quindi, è insegnare al paziente come rafforzare il mode dell’Adulto sano e dargli più spazio in modo da trovare modalità adattive di soddisfacimento dei propri bisogni più profondi.
La Schema Therapy mira a individuare con il Paziente i propri schemi e modalità disfunzionali e le loro origini nell’infanzia, a riconoscerne gli effetti nella vita e a trovare attivamente modalità funzionali per smantellarli. Per fare questo utilizza tecniche cognitive, comportamentali e di attivazione emotiva adattate e calibrate alla ST o create proprio per la ST.
Un ruolo centrale nel processo terapeutico è da individuare nella particolare impostazione della relazione terapeutica che punta, in modo esplicito e nei limiti del possibile, a soddisfare i bisogni del Paziente, non colti nell’infanzia, in termini di un “limited reparenting”.
ASSESSMENT PER I DISTURBI DELL’ETÀ ADULTA E DEL BAMBINO
ASSESSMENT CLINICO PER I DISTURBI DELL’ETA’ EVOLUTIVA
Che cosa si intende per assessment clinico?
Per assessment clinico s’intende la valutazione globale e differenziale del paziente, nell’unicità e complessità psicologica che lo caratterizza, considerando anche le sue risorse e i suoi limiti.
Quali sono le figure professionali coinvolte?
La valutazione delle problematiche presentate dal bambino, all’interno del nostro centro, viene realizzata attraverso il lavoro integrato del medico neuropsichiatra infantile e dello psicologo dell’età evolutiva e può richiedere in alcuni casi il supporto di altre figure professionali come lo psicopedagogista, lo psicomotricista o il logopedista.
Quando è opportuno richiedere un assessmnet clinico?
È opportuno che i genitori richiedano una consulenza specialistica quando osservano nel figlio una o più delle seguenti problematiche:
- ritardo nel raggiungimento delle tappe dello sviluppo
- immaturità nel gioco e nelle relazioni con i coetanei
- difficoltà di separazione o di regolazione del comportamento e dell’attenzione
- immaturità nell’acquisizione delle adeguate autonomie attese per l’età
- difficoltà di rendimento scolastico (es. difficoltà nell’accedere alla lettura e/o alla scrittura)
- disagio emotivo ricorrente e persistente
- eccessivo isolamento sociale
È importante considerare che ci possono essere degli aspetti di disagio naturali e passeggeri in un bambino che sta attraversando per esempio una nuova fase di vita. Al tempo stesso però bisogna tener presente che un intervento in età evolutiva è tanto più efficace quanto più è tempestivo.
Richiedere un assessment clinico significa sempre avere una patologia?
Molto spesso il neuropsichiatra ha il ruolo di definire le differenze tra patologia, immaturità e variante della norma. Non tutte le preoccupazioni dei genitori e degli insegnanti si traducono in problemi della crescita e spesso è necessario solo ricostruire i punti di forza e di debolezza del bambino accompagnando i genitori nella conoscenza e crescita del figlio.
Come avviene la valutazione?
La presa in carico prevede un primo contatto, anche telefonico, con l’utente mirato ad un’analisi preliminare del bisogno.
I fase
Segue una prima consultazione effettuata dal neuropsichiatra infantile e/o dallo psicologo esperto nell’età evolutiva, con i soli genitori. Nel corso della prima visita, oltre a cercare di comprendere i motivi dell’invio e le difficoltà riferite, gli specialisti ricostruiscono con i genitori la storia personale e di sviluppo del bambino. Viene quindi valutata l’opportunità di un approfondimento psicodiagnostico che può avere la durata di due o al massimo tre incontri.
II fase
In questa fase vi è la conoscenza diretta del bambino che viene prima di tutto accolto e coinvolto con una modalità relazionale calda e rassicurante al fine di ottenere la sua collaborazione attiva. Successivamente vengono proposte un insieme di attività adeguate dell’età specifica del bambino (ovvero un insieme di test psicodiagnostici standardizzati) utili nell’indagare sia aspetti del funzionamento cognitivo che affettivo-emotivo.
III fase (facoltativa)
Nel caso si presentasse la necessità, la valutazione può essere integrata da osservazioni di tipo psicomotorio, logopedico o da esami strumentali e di laboratorio.
IV fase (Restituzione)
Nella fase finale, gli specialisti, dopo un’attenta e approfondita discussione d’equipe, condividono il risultato di tale valutazione sia con la famiglia che con il bambino (in modalità e momenti diversi) e consegnano ai genitori una relazione scritta contenente i risultati dei test somministrati, l’eventuale diagnosi e le indicazioni terapeutiche più adeguate al trattamento della problematica emersa.
Il momento della condivisione del percorso di assessment rappresenta la fase più importante perché qualunque intervento deve prevedere il completo coinvolgimento della famiglia e del bambino.
Cosa avviene dopo la valutazione?
Qualora sussistano le indicazioni, la presa in carico terapeutica e/o riabilitativa può prevedere, oltre ad interventi specifici sul minore (la psicoterapia individuale, trattamento psicopedagogico individuale o di gruppo, psicomotricità individuale o di gruppo, logopedia, neurofeedback, ecc.) interventi di sostegno psicopedagogico e psicoterapico alla famiglia ed interventi di sostegno psicopedagogico alla scuola.
Nel caso in cui, invece, non si dovesse riscontrare la presenza di alcun disturbo clinicamente significativo vengono comunque fornite delle informazioni e indicazioni a carattere psicoeducativo utili a fronteggiare le difficoltà riferite.
Integrazione tra i servizi e lavoro di rete.
La complessità dei bisogni espressi dalla persona e dalla sua famiglia rende necessaria l’integrazione delle diverse figure professionali.
ASSESSMENT PER I DISTURBI DELL’ETA’ ADULTA
Finalità
Una componente di fondamentale importanza del processo terapeutico è rappresentata dall’assessment, processo che consente di trovare una spiegazione-diagnosi e di fornire una guida nell’elaborazione di una proposta di intervento.
L’assessment è finalizzato alla raccolta di tutti i dati necessari per elaborare una concettualizzazione del caso, che consenta di:
1. ricostruire meccanismi e processi che sottendono i problemi lamentati;
2. decidere circa possibilità e/o opportunità della presa in carico;
3. identificare modalità di trattamento appropriate per far fronte ai problemi del soggetto in maniera efficace e duratura;
4. individuare e concordare con il paziente gli obiettivi a medio e a lungo termine.
Procedura
La procedura di assessment, applicata, consiste in una dettagliata raccolta di dati clinici e anamnestici realizzata attraverso colloqui, questionari e valutazioni psicometriche; è articolata in una serie di incontri che possono variare da un numero minimo di quattro ad un massimo di cinque.
L’assessment è inteso come un percorso attivo e collaborativo che clinico e paziente affrontano insieme per giungere ad una prima definizione del problema, finalizzata all’individuazione degli obiettivi terapeutici e delle modalità di intervento. Durante il primo incontro viene descritta al paziente la procedura esplicitandone i tempi, le modalità di svolgimento delle attività e gli obiettivi. Segue un colloquio conoscitivo, semi-strutturato, che esplora varie aree dall’anamnesi alla descrizione del problema.
Al termine del primo incontro vengono consegnati, illustrandone le modalità di svolgimento, i seguenti strumenti da compilare a casa per l’incontro successivo: MMPI-2, SCID-V e Questionario Anamnestico.
Il secondo incontro è dedicato interamente all’Intervista SCID-V. Al termine del secondo incontro vengono consegnati, da compilare a casa, i seguenti test: SCL-90, ASI, TAS-20, PBI e ASQ.
Il terzo incontro è dedicato all’approfondimento dei temi emersi nel corso dei primi due incontri e all’eventuale utilizzo di ulteriori strumenti diagnostici specifici per le aree che si considerano da indagare ulteriormente.
L’ultimo colloquio, quello di restituzione, in genere viene preceduto da un confronto con l’inviante sui dati raccolti finalizzati alla formulazione di una prima ipotesi diagnostica e di un intervento terapeutico.
La restituzione con il paziente prevede, invece, un lavoro di condivisione tanto dell’ipotesi diagnostica quanto e soprattutto degli obiettivi terapeutici e delle possibili strategie utilizzabili per il loro raggiungimento.
Strumenti utilizzati
1) Questionario anamnestico: un questionario a domande aperte, finalizzato all’acquisizione di ulteriori informazioni sulla vita passata e presente del paziente da approfondire eventualmente nelle successive sedute.
2) MMPI-2: test ad ampio spettro per valutare le principali caratteristiche strutturali di personalità e i disordini di tipo emotivo;
3) SCID-V: consente di formulare una valutazione dei disturbi di asse II di tipo categoriale (presenza o assenza del disturbo) e dimensionale (annotando il numero dei criteri diagnostici per ciascun disturbo di personalità codificato);
4) SCL-90: valuta lo stato attuale di sintomi psicologici del soggetto (somatizzazione, ossessività, sensibilità interpersonale, depressione, ansia, ostilità, ansia fobica, ideazione paranoie, psicoticismo);
5) ASI: misura l’indice di sensibilità all’ansia valutandone tre componenti (timore di ostracismo sociale, timore di impazzire, timore di sensazioni fisiche);
6) TAS-20: valuta la difficoltà ad identificare e distinguere le emozioni, la difficoltà a descrivere le emozioni, la modalità di pensiero (concreto vs. astratto);
7) PBI: indaga le relazioni di attaccamento sulla base delle dimensioni cura e controllo;
8) ASQ: valuta gli stili di attaccamento.
TERAPIA FAMILIARE E DI COPPIA
TERAPIA DIALETTICO-COMPORTAMENTALE (DBT)
La Terapia Dialettico-Comportamentale (Dialectical Behavior Therapy, DBT), ideata negli Stati Uniti a Seattle negli anni ’80 da Marsha Linehan, è un programma terapeutico oggi ampiamente usato e di comprovata efficacia, specifico per il Disturbo Borderline di Personalità (DBP).
Il DBP è un disturbo caratterizzato da repentini cambiamenti di umore, instabilità dei comportamenti e delle relazioni con gli altri, marcata impulsività e difficoltà ad organizzare in modo coerente i propri pensieri. Questi elementi si rinforzano reciprocamente, generando notevole sofferenza e comportamenti problematici.
Il modello di Marsha Linehan si basa sul presupposto che i soggetti con DBP presentano una disfunzione principale: la difficoltà di regolare le proprie emozioni (disregolazione emotiva). Da questo deficit deriverebbero le altre difficoltà: l’instabilità nelle relazioni interpersonali, la disorganizzazione cognitiva e comportamentale, l’instabilità dell’identità personale. La reazione emotiva di chi soffre di DBP è molto più immediata, marcata e duratura rispetto a quella delle altre persone (vulnerabilità emotiva), per cui gestire le proprie emozioni diventa più difficile.
L’obiettivo prioritario del trattamento è la riduzione delle crisi suicidarie e dei comportamenti impulsivi ed autolesivi attraverso l’apprendimento di abilità utili alla gestione dello stress emotivo, al fine di migliorare la qualità di vita della persona che soffre di DBP.
Secondo la DBT, infatti, la maggior parte dei comportamenti di chi soffre di questo disturbo sono messi in atto per regolare le emozioni “disregolate” o avvengono come conseguenza del fallimento della regolazione emotiva. Il trattamento segue un protocollo sperimentato come efficace in tutto il mondo e si compone della terapia individuale, dell’intervento di gruppo per l’apprendimento delle abilità psico-sociali (skills training), della consulenza farmacologica e della consultazione tra i terapeuti.
Il trattamento è particolarmente indicato per pazienti con Disturbo di Personalità che presentano comportamenti autolesivi, parasuicidari, difficoltà nelle relazioni interpersonali e disturbi dell’identità. Sono esclusi dal trattamento pazienti con ritardo mentale o psicosi.
Il programma di trattamento del Team DBT, prevede:
1) colloqui di valutazione e orientamento al trattamento con test diagnostici (4 sedute);
2) Da 1 a 4 sedute motivazionali e formulazione del contratto per il trattamento DBT;
3) Sedute individuali a cadenza settimanale;
4) Sedute di gruppo di Skills training DBT a cadenza settimanale;
5) Terapia farmacologica e visite psichiatriche regolari (quando necessarie);
6) Test di valutazione dell’andamento della terapia a scadenza semestrale.
Il team DBT si riunisce con scadenza settimanale con il duplice scopo di decidere le linee d’intervento rispetto ad ogni specifica situazione e di confrontarsi riguardo agli sviluppi e/o eventuali difficoltà dei singoli pazienti nella terapia individuale e negli Skills training.